Ho concluso un libro che ormai avevo da settimane sul comodino. "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi è un libro che va "digerito". Non è esattamente una lettura estiva ma in qualche modo rappresenta un viaggio, nel tempo e nello spazio, fuori dai circuiti turistici "comodi", in una cultura così lontana dalla nostra, che con quotidiana indifferenza e assuefazione facciamo entrare nelle nostre case attraverso i telegiornali.
E' la storia di Azar Nafisi, la stessa autrice, insegnante di letteratura inglese presso l'università Allameh Tabatabei di Teheran.
E' la storia di una donna costretta a lasciare l'insegnamento per le continue pressioni e censure della Repubblica islamica, che decide di organizzare, con sette sue studentesse, un seminario segreto di letteratura presso la sua abitazione ogni giovedì mattina.
Le otto donne discutono di letteratura, di Lolita, Il grande Gatsby, Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose, Daisy Miller e Washington Square, ma sopratutto discutono di se stesse, della loro condizione, del rifiuto di accettare un regime soffocante, della volontà di comprenderlo attraverso l'esperienza letteraria...
Otto donne che ogni giovedì mattina si liberano dal velo dell'oppressione, e ritrovano i colori, l'allegria, la freschezza, del loro essere giovani donne innamorate della letteratura.
E' la storia della Bellezza della Parola che non si lascia soffocare dai Mostri che vorrebbero ucciderla.
"Penso che in un certo senso, le letture e le discussioni di quel seminario abbiano rappresentato la nostra occasione di fuga [...]. Solo che noi, alla fine, eravamo costrette a tornare indietro."
Discutendo della Austen una delle ragazze afferma:
"Non potrai scrivere della Austen [...] senza scrivere anche di noi, e di questo posto dove hai riscoperto le sue opere. Non potrai fare a meno di noi. Provaci e vedrai. [...] Questa è la Austen che hai letto qui, in un paese in cui il censore è cieco e dove impiccano la gente per strada e stendono un telone nell'acqua di mare per tenere separati gli uomini e le donne mentre fanno il bagno"
"Nella Repubblica islamica dell'Iran, come nella Germania nazista e nella Russia staliniana, tutti erano, per principio, colpevoli. Tutto era proibito: andare a una festa, mangiare un gelato al bar, tenersi per mano, stringere una mano, innamorarsi, mettere il rossetto, ridere in pubblico. La dittatura degradava i cittadini: anche i puri di cuore, o gli avversari.
Penetrava nelle case, spiava nelle camere da letto, si insinuava negli amori, fino a manipolare completamente le anime. La realtà diventò insopportabile: l'incubo irreale di un sogno.
Le vittime di Khomeini erano soprattutto le donne, alle quali venne confiscata l'esistenza. Su ogni momento, pensiero ed azione, incombeva il tenebroso e barbuto Potere Maschile. Le ragazze erano punite se salivano correndo le scale dell'università per non giungere in ritardo alle lezioni: se ridevano nei corridoi, se parlavano a un ragazzo, se portavano la cipria e il mascara, se nascondevano nella borsa romanzi o minicassette o braccialetti, se avevano le unghie o le ciglia troppo lunghe (ci pensava il Preside a tagliarle), se camminavano con la testa eretta, se i lacci delle scarpe erano colorati, o le calze ostentavano un rosa peccaminosissimo.
In autobus, dovevano sedere nelle ultime file. Il chador - che un tempo era stato un segno di discrezione e di grazia - assunse una minacciosa connotazione politica. Sotto le vesti nere fino alle caviglie e i veli neri, le donne avevano l'impressione che i loro corpi diventassero fantasmi."
Penetrava nelle case, spiava nelle camere da letto, si insinuava negli amori, fino a manipolare completamente le anime. La realtà diventò insopportabile: l'incubo irreale di un sogno.
Le vittime di Khomeini erano soprattutto le donne, alle quali venne confiscata l'esistenza. Su ogni momento, pensiero ed azione, incombeva il tenebroso e barbuto Potere Maschile. Le ragazze erano punite se salivano correndo le scale dell'università per non giungere in ritardo alle lezioni: se ridevano nei corridoi, se parlavano a un ragazzo, se portavano la cipria e il mascara, se nascondevano nella borsa romanzi o minicassette o braccialetti, se avevano le unghie o le ciglia troppo lunghe (ci pensava il Preside a tagliarle), se camminavano con la testa eretta, se i lacci delle scarpe erano colorati, o le calze ostentavano un rosa peccaminosissimo.
In autobus, dovevano sedere nelle ultime file. Il chador - che un tempo era stato un segno di discrezione e di grazia - assunse una minacciosa connotazione politica. Sotto le vesti nere fino alle caviglie e i veli neri, le donne avevano l'impressione che i loro corpi diventassero fantasmi."
Ciao cara, libri impegnativi...che fanno male al cuore ma che BISOGNA leggere, per non relegare a "notizia da tg", per non dimenticare...
RispondiElimina...per non assuefarsi ad una realtà quantomai ignobile e disedificante per chi la propugna e mortificante x che ne è vittima.
Libri da leggere che presuppongono uno scuotimento delle coscienze: e quando purtroppo non è questa la priorità di chi legge, è così triste vedere quei libri successivamente, sterilmente archiviati in un cassetto...vero?
Un grande abbraccio ♥
♥ Maddy
sì, verissimo. è un grande messaggio quello che lancia questo libro. Alla letteratura è affidato il ruolo di sovvertire i regimi, di scuotere le coscienze, di liberare dalle catene...
RispondiEliminae a noi, umili lettori, almeno il compito di leggere, di condividere, di diffondere e di dare risonanza alla letteratura di quei Paesi, così intensa, vera, dolorosa...
Un abbraccio